Palla bella palla ovale cade bene cade male
I litigi
Ogni tanto in campo mi accade di assistere a qualche litigata che fino ad un attimo prima era una coraggiosa azione di gioco. Tra la grinta coraggiosa e l’aggressività c’è un muro di carta velina. In molti casi diventa difficile impedire ai bambini di infrangere questo muro di carta velina, forse è nell’ordine naturale delle cose che litighino tra loro. È un istinto primordiale utilizzare l’aggressività per stabilire delle gerarchie all’interno del gruppo, soprattutto per chi ha necessità di comunicare qualche cosa che non riesce a comunicare in altro modo. In genere i bambini litigano ed incredibilmente l’attimo dopo riprendono a giocare insieme, perché il loro litigio è un ostacolo al divertimento che può essere facilmente superato. Nel gruppo può starci una litigata, ma tutto deve essere immediatamente stemperato dall’educatore, chiedendo una stretta di mano ed un abbraccio tra i litiganti, per riprendere a divertirsi insieme. Ma se le litigate diventano abituali, allora c’è qualche cosa che non funziona nel gruppo, e probabilmente vi sono problemi dovuti alla presenza di casi difficili.
Ci sono stati e sempre ci saranno i casi difficili e dopo molti tentativi di riportarli nei ranghi anche con l’allontanamento temporaneo dal campo, che normalmente non sortisce nessun effetto, verrebbe la tentazione di abbandonarli a se stessi, per dedicare maggior tempo ai bimbi più tranquilli ma soprattutto ai più rugbisticamente abili.
Come ci dobbiamo comportare dinnanzi ai bambini difficili, durante gli allenamenti mettono a dura prova la pazienza di un educatore?
Innanzitutto si cercano le motivazioni per cui il bambino è stato iscritto al minirugby, forse è stato spinto dalla famiglia e l’ultima cosa che gli passa per la mente è quella di trovarsi in un campo di rugby. Se non si tratta di episodi sporadici, non c’è nulla di male nel confrontarsi con i genitori riguardo al poco interesse che il loro figlio dimostra per il rugby, discutendo anche sull’opportunità di fargli praticare qualche altra attività.
Oppure si tratta di un bimbo a cui piace giocare a rugby, ma che ha un carattere difficile magari dovuto ad una situazione familiare particolare. E qui si entra in un terreno minato, perché il percorso ottimale sarebbe di instaurare un rapporto con i genitori per cercare di capire il motivo di temperamenti ed aggressività sopra le righe.
Molti affermano che questo non è un compito dell’educatore e che forse dovrebbero intervenire i dirigenti della società. Credo però che da parte dell’educatore, qualche tentativo andrebbe fatto, almeno per capire se la situazione è grave, e se esiste la possibilità che la famiglia possa farsi aiutare da qualche esperto in materia.
Mi è capitato di avere in squadra un bimbo che alternava brevi fasi di tranquillità a momenti di aggressività verso i suoi compagni, in cui durante gli esercizi si staccava dal gruppo e correndo si scontrava volutamente con i suoi compagni facendoli cadere come birilli.
Alcuni reagivano con le lacrime ed altri si difendevano con le mani facendo nascere, come si può intuire, delle vere e proprie risse. Abbiamo provato a tenerlo fuori dal campo, ma appena si accorgeva di non essere osservato, rientrava riprendendo con maggiore intensità il gioco dei birilli. Era una situazione snervante e frustrante anche per il resto della squadra, con il gioco continuamente interrotto dalle sue scorribande.
A parte aver scoperto che questo bambino era abituato ad averle tutte vinte, con la conseguenza di fare quello che più gli andava a genio, ci siamo accorti che durante gli allenamenti cercava appositamente le punizioni, per poi non prenderle sul serio per il semplice fatto che non sapeva cosa fossero. Aveva la necessità di farsi notare, quasi volesse dirci: ci sono anch’io.
Affidandogli qualche incarico come ad esempio riempire d’acqua le borracce, raccogliere le pettorine, il bambino si tranquillizzava e dopo aver svolto il suo incarico da aiutante, rientrava nel gioco partecipando più attivamente. Mi sono stupito nel vederlo continuamente posizionarsi correttamente dietro i raggruppamenti di bimbi, e con quegli occhietti furbi, cercare il pallone per poi passarlo ai suoi compagni. Ho pensato che questo bambino, una volta che avrà imparato a trasformare la sua aggressività in grinta e coraggio, diventerà un buon mediano di mischia.
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