Palla bella palla ovale cade bene cade male
Motivazioni
Piuttosto che elencare le caratteristiche dell’educatore ideale, vorrei considerare il punto di vista dei bambini, per cercare di capire quale tipo di educatore potrebbe loro piacere. I bambini per loro natura (e per loro fortuna) sono spensierati e felici, agiscono sempre nella direzione del divertimento e talvolta tendendo ad eccedere nello scherzo. Niente di più facile quindi, pensare che l’educatore ideale è un divertente clown con il naso finto, piuttosto che un sergente di ferro che grida e sbraita continuamente. Se così fosse, ci sarebbero sessioni di allenamento sovraffollate di bambini urlanti e felici, ma oggettivamente l’educatore sarebbe più efficace come ad una festa di compleanno, piuttosto che in un campo di rugby.
In realtà l’educatore che più piace ai bambini, è quello che con loro instaura un rapporto di fiducia, e che ha la capacità di mantenere il delicato equilibrio tra divertimento e la serietà loro richiesta per apprendere un gioco. Con gli occhi di un bambino questo significa semplicemente avere a che fare con un adulto sorridente e che ha un buon senso dell’umorismo. Tradotto per l’adulto occorre, con i bambini, essere cordiale, comprensivo, paziente, fermo e leale.
Praticamente un santo votato al sacrificio. Non è semplice mettere in pratica un comportamento così virtuoso, non senza fare appello a tutte le risorse riposte in una particolare zona del cervello, che si chiama area delle “vere motivazioni sul perché abbiamo voluto diventare educatori di minirugby”.
Le motivazioni, per un educatore di minirugby, sono l’elemento indispensabile per svolgere con impegno un buon lavoro. All’inizio l’esperienza è molto coinvolgente ed eccitante, ma poi inevitabilmente capiterà di scontrarsi con frequenti episodi che eroderanno l’entusiasmo iniziale, e perciò bisogna essere molto, molto motivati.
Quando capita di avere sessioni di allenamento difficili, in cui verrebbe voglia di andarsene in qualsiasi altro luogo (ed ogni tanto capita a tutti), l’unica leva per gestire la situazione è cercare di mantenersi sufficientemente motivati. Perché sono qui? Una volta risposto a questa domanda si passa immediatamente alla successiva: “come risolvo la situazione?”
Ho trovato molto utile la lettura di un memorandum proposto da una rivista specializzata inglese (Rugby Choach Weekly), in cui, oltre ad essere elencati pratici consigli su “cosa saper fare”, vi sono spunti di riflessione relativi “a cosa pensare prima di ogni allenamento”.
Ad una prima lettura mi sembrava la classica lista della spesa, poco pratica e imbevuta di luoghi comuni, probabilmente redatta da qualche teorico del rugby. Poi mi sono ricreduto e spesso la rileggo come fosse un promemoria, alcune volte la recito quasi come una preghiera, cercando di interiorizzarla più che posso. Eccola:
– Preparare un ambiente sicuro in cui i bambini si sentono rispettati ed a proprio agio.
– Credere che ogni bambino ha la capacità di imparare.
– Conoscere i loro interessi, i talenti, gli obiettivi e il modo in cui essi imparano.
– Coinvolgere i bambini nel gioco con regole chiare.
– Essere chiari sulle conseguenze del non rispetto di tali regole.
– Trattare ogni giocatore in modo equo.
– Sottolineare i punti di forza.
– Nessun favoritismo.
– Utilizzare coerenza nella disciplina in un ambiente sereno.
– Costruire sessioni di allenamento interessanti.
– Non sottolineare mai un fallimento: è una pratica inefficace
– Ci vuole tempo e fatica per diventare esperti.
– Avere aspettative chiare.
– Riconoscere il merito per il lavoro ben fatto.
– Mai mettere in imbarazzo o ridicolizzare un giocatore.
– Evitare di lodare quando non c’è bisogno.
– Evitare di scoraggiare l’iniziativa del giocatore.
– Problemi nuovi uguale a nuove soluzioni.
– Usare con parsimonia le ricompense perché possono compromettere il perseguimento del piacere di apprendere.
– Fare del mio meglio.
È difficile mettere in pratica tutto, ma è importante provarci sempre e avere la capacità di rimettersi in discussione.
Non si dovrebbe poi trascurare che un educatore motivato, stimola la crescita delle motivazioni dei bambini. Ci saranno bambini motivati e con buoni livelli di apprendimento ed altri più motivati a “non giocare”, con conseguenti livelli di apprendimento altalenanti.
In un contesto in cui le motivazioni sono estremamente diverse, dove c’è chi è carico come una molla e chi invece raccoglie le margherite, è possibile che un educatore riesca a motivare indistintamente tutti i giocatori? La risposta è si. C’è una motivazione per tutto.
Ogni bambino ha la capacità di imparare e di apprendere, basta sforzarsi di conoscerlo meglio, imparando quali sono i suoi interessi, talenti, ed il modo in cui esso impara.
Ci sono una serie di “strumenti motivanti”, che vanno utilizzati con dovizia e parsimonia ed altri che vanno sfatati.
Il semplice regalino elargito a chi si comporta bene e dimostra impegno durante l’allenamento potrebbe “ritornare indietro” come un boomerang, poiché i meno motivati si arrenderanno all’evidenza che si tratta di una chimera, mentre i più motivati potrebbero perdere il piacere di apprendere, spostando tutta la loro concentrazione sul premio in palio, piuttosto che sul divertimento di giocare fine a se stesso.
Le motivazioni sono stimolate anche da un ambiente competitivo. È evidente che quando si compete per vincere e si ottiene la vittoria, si è sempre maggiormente motivati. Bisogna stare molto attenti a come si utilizza la competizione, poiché i bambini si auto-selezionano tra forti e deboli e, se non si bilanciano i gruppi (sia negli allenamenti che nei tornei), la competizione risulterà controproducente, accelerando il naturale processo di auto-selezione del gruppo. La competizione è un elemento importante nella crescita sportiva, ed andrebbe somministrata a piccole dosi, attraverso giochi collaborativi in cui ci gli elementi più motivati aiutano i raccoglitori di margherite (non a raccogliere le margherite), con l’obiettivo finale di portare la squadra ad un livello il più possibile omogeneo.
E le punizioni? Sono un efficace elemento di motivazione? Se le punizioni sono l’imposizione di attività particolarmente faticosa come i mitici “giri di campo” o le flessioni, in genere queste sono inefficaci, e rappresentano solamente una soluzione a breve termine, che perde di valore ogni volta che viene utilizzata, perché sostanzialmente il bimbo associa la punizione a chi la impone e non ad un suo comportamento sbagliato. La punizione, per essere efficace, dovrebbe privare il bimbo che ha comportamenti scorretti, di oggetti o di attività particolarmente a lui care o desiderate. In un campo di rugby ci si augura che non ci siano videogiochi e neppure “gormiti” o altre mostri simili da sequestrare e quindi si dovrebbe agire solamente applicando il regolamento di gioco: le azioni e fasi di gioco, sia in allenamento che durante i tornei, ritenute pericolose e dovute alla mancanza di rispetto di compagni, educatori, arbitro, avversari e delle attrezzature sportive (senza i quali il gioco non esisterebbe), andrebbero controllate ed eventualmente punite con l’allontanamento dal campo del giocatore, con l’obiettivo di privare il bimbo scorretto, di una attività particolarmente a lui cara: divertirsi con altri bambini giocando a rugby.
Un ultima cosa riguardo alle motivazioni: anche se sembra banale, curate il vostro look in campo e presentatevi agli allenamenti od ai tornei sempre in ordine ed immacolati; questo vi aiuta a sentirvi maggiormente motivati e nello stesso tempo sarete da esempio per i vostri ragazzi.
Senza nulla togliere al detto “l’abito non fa il monaco”, la mitica divisa da gioco che si indossava da ragazzini, consumata dal tempo e magari di qualche taglia inferiore alle attuali fattezze fisiche, è meglio lasciarla nello scatolone dei ricordi, poichè indossarla potrebbe ledere alla credibilità che i ragazzini hanno nei vostri confronti, ma soprattutto vi espone ai “simpatici ed imbarazzanti sorrisini” dei genitori che osservano gli allenamenti.
A parte gli scherzi, mi sono stupito nel vedere alcuni filmati dimostrativi, dove allenatori del calibro di Martin Johnson o Graham Henry allenavano i loro ragazzi con un look impeccabile, dando un senso di vera autorevolezza.